Castello di Sammezzano: suggestioni moresche nel cuore della Toscana

Castello di Sammezzano: suggestioni moresche nel cuore della Toscana

In provincia di Firenze, e più precisamente a Reggello, si trova un’incredibile costruzione di derivazione moresca, assolutamente unica nel suo genere, ovvero il Castello di Sammezzano. Si tratta effettivamente dell’esempio più significativo di architettura orientalista del Bel Paese. E se in passato in alcune particolari occasioni od eventi era possibile ammirare le suggestive meraviglie di questa incantevole fortezza, attualmente questo incredibile gioiello toscano è stato del tutto abbandonato.

Le vicissitudini storiche del castello

La struttura del castello è stata edificata nel Cinquecento, ma è solo nell’Ottocento che ha assunto incredibili suggestioni in stile moresco. L’incantevole dimora è caratterizzata da 365 locali, ciascuno dei quali decorati in maniera unica ed assolutamente meravigliosa, pensata per allietare ogni giorno dell’anno. A dare vita a questa particolare ristrutturazione fu Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona: politico della Firenze del XIX, ma di origine spagnola.

Egli, che visse per oltre quarant’anni nel maniero, attuò grandi sforzi per renderlo il più possibile unico ed accattivante. Tuttavia, dopo la sua morte, il castello venne abbandonato e fu abbondantemente saccheggiato durante il secondo conflitto mondiale, per poi essere trasformato in un hotel poco dopo il termine della guerra. Nel 1990, tuttavia, venne acquistato da una compagnia inglese, ma a causa della profonda crisi finanziaria che colpì i nuovi proprietari, l’imponente struttura fu abbandonata nuovamente.

Ciononostante, viste le potenzialità del sito, nel 2012 fu istituito il “Comitato Sammezzano“, che era un’organizzazione senza scopo di lucro, che aveva il compito di aprire tale incantevole monumento in determinate circostanze. Ma le vicissitudini non terminano qua, poiché nel 2015 il castello è stato messo all’asta dai proprietari, portando alla nascita del movimento “Save Sammezzano“, che cerca di sensibilizzare sulla necessità di riqualificare l’antico edificio.

La fortezza delle meraviglie

Il castello ed il parco di San Mezzano è diventato luogo del cuore del FAI ed è candidato per il 7 Most Endangered Programme, progetto di Europa Nostra, che ha l’intento di preservare i tesori del Vecchio Continente che vertono in stato di abbandono.

L’edificio, infatti, ospita incantevoli tesori artistici, come la Sala dei Gigli e la celeberrima Sala dei Pavoni, che rappresentava la stanza di accoglienza per eccellenza della dimora e dove è possibile godere a pieno dell’espressione dello stile moresco, riproposto attraverso suggestive maioliche e stucchi.

A proposito di tale ambiente della fortezza, si è espressa niente di meno che la Bbc, che ha definito il soffitto uno dei più belli al mondo. Tale locale è caratterizzato da colori sgargianti, che ricordano proprio quelli dell’animale a cui è dedicato l’ambiente, ed è stato costruito traendo ispirazione dalla corrente artistico-architettonica indiana moghul.

Si ritrova, infatti, una decorazione a ventaglio che parte dai pavimenti e si estende fino al soffitto, la cui fantasia ricorda proprio la coda di un pavone che è il volatile nazionale dell’India. Incantevole è anche il parco che attornia l’edificio, che è dominato da sequoie che svettano fini a 50 metri di altezza.

Accesso negato ai visitatori

Il Castello di Sammezzano, uno dei veri e propri tesori della Toscana, non è più visitabile, per via dell’asta giudiziaria che è in corso. Tale struttura è, infatti, sigillata e posta sotto custodia dell’Istituto delle Vendite Giudiziarie di Firenze.

Ma non solo: è anche oggetto di diatriba tra due 2 società che ne reclamano la proprietà. Il rischio è che in fase di attesa, il maniero vada irrimediabilmente compromesso, portando alla perdita di importati opere, in grado di testimoniare un passato glorioso ed incredibile per questa parte del territorio toscano.

Attualmente celate alla vista sono, infatti, le 365 camere, realizzate da maestranze locali, che utilizzarono materiali tratti dalle fornaci che il Marchese d’Aragona fece edificare a Leccio.

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